Il bar senza nome by Robert Seethaler

Il bar senza nome by Robert Seethaler

autore:Robert Seethaler [Seethaler, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


23.

La porta si aprí di scatto e Heide Bartholome entrò di corsa nel bar. Respirando affannosamente, si fermò al centro della sala e si guardò intorno.

«Che succede, Heide?» chiese Simon.

«Dov’è?» disse lei. «Dove si è nascosto quel bastardo?» La sua voce sembrava strozzata. L’acconciatura si era sciolta e i capelli sottili le ricadevano scompigliati sul viso.

«Non è qui» disse Simon.

«Taci» ribatté lei. «È nel bagno, si è rintanato lí e non vuole farsi trovare da me».

«Puoi controllare, se vuoi» disse Simon.

Lei lo fissò passandogli accanto diretta alla porta del bagno. Poi cominciò a urlare. «Non ce la faccio piú» gridò. «Non riesco piú a sopportarlo!» Per un attimo sembrò perdere l’equilibrio. Barcollò di lato, poi si fermò di nuovo, facendo scorrere le mani su e giú per i fianchi con aria assente. «Capisco» disse poi a bassa voce, con lo sguardo fisso nel vuoto. «In fondo è solo un problema mio».

Con un movimento rapido, scostò una ciocca di capelli dalla fronte, si voltò e uscí dal bar.

«È sempre la stessa storia» disse Mila, seduta in fondo al bancone a pulire le saliere. «Ogni due settimane lui si fa prendere dalla frenesia e ne rimorchia una nuova. Al Prater, al mercato o una della fabbrica di filati. Da quando sanno che la fabbrica sta chiudendo, le ragazze fanno di tutto per incastrare chiunque».

«Non è una gran perdita, la fabbrica» disse una donna piccola e con i denti guasti, seduta a un tavolo con il suo caffè. «Nel capannone dove si lavora c’è una corrente d’aria come nella Westbahnhof, e le esalazioni della tintoria contaminano tutta la zona. Le ragazze arrivano dalla provincia con le guance rosse e i capelli lucidi, e dopo tre mesi al massimo le vedi appassire a una a una».

«Dovrebbero demolire la fabbrica e costruire appartamenti» disse Mila. «Dopotutto, anche i lavoratori stranieri devono stare da qualche parte».

«Sono sempre di piú. Ma finché non ci tolgono il pane di bocca, che vivano pure dove vogliono, per quel che mi riguarda» disse la donna al tavolo. «Comunque stanno costruendo come matti. Ovunque si guardi, c’è un cantiere. Polvere, sporcizia e rumore dappertutto».

«La città si sta svegliando» disse Simon. «Cosí almeno sostengono i manifesti. Non è detto che sia una brutta cosa».

Tutti rimasero in silenzio per un po’, e Simon pensò a Heide Bartholome e a Mischa il pittore. La scenata di Heide non aveva sorpreso nessuno. Solo la settimana precedente era corsa urlando per le strade alla ricerca di Mischa perché era convinta che lui si fosse dato appuntamento con qualche puttana in un androne. In effetti, dopo ore e ore, lo aveva trovato seduto su una panchina di Rebhanngasse con la moglie di un fornitore del mercato, a guardare il sole che tramontava sopra lo scavo di fondazione della Nordwestbahnhof. Li aveva aggrediti alle spalle. Con una sventola violenta aveva rotto il naso alla donna. Poi c’erano state camicette strappate e fazzoletti insanguinati, le grida dei residenti accorsi e un prolungato gemito di dolore simile a quello di una sirena.



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